Che fine fa chi non somiglia a nessuno? Fonda una specie o scompare, lasciandosi dietro solo un ricordo fastidioso?
Il problema è questo: i BLK JKS (si pronuncia ‘blec gecs’) sono figli della colpa. Hanno dei genitori, ma vattelappesca. Secernono Africa (e per fortuna, visto che sono di Johannesburg), che insieme a rock, Caraibi, funk, tecnologia e tante altre meraviglie forma non un’emulsione, ma una fusione da cui è impossibile riottenere gli ingredienti originali.
Se conosciamo questi tipi buffi e fantastici dobbiamo essere grati a Brandon Curtis, cantante, bassista e tastierista dei texani Secret Machines (che hanno contribuito all’entusiasmante colonna sonora di Across the Universe con Flying, Blue Jay Way e I am the Walrus, con Bono che canta): se non avesse prodotto il loro primo album, After Robots (pubblicato da Secrectly Canadian), i poveri negri sarebbero probabilmente rimasti a suonarsela in Sudafrica, alla faccia nostra.
Invece eccoli qua. Come al solito, all’uscita di qualcosa di mai sentito si sfoggia un po’ di nozionismo. In questo caso, a chi ha gridato all’epifania alcuni esperti hanno risposto che la musica del Continente Nero non rinasce oggi con i quattro sudafricani, ma negli anni ’70, in Zambia, con i Witch e gli Amanaz. Vero, onore a loro, ma di Africa in quelle sonorità hendrixiane ce n’era poca. Poi si tirano fuori i Tv on the Radio, che arrivano da New York ma che sono in buona porzione neri, sfoggiano occhialoni neri e anche loro mischiano parecchio. Bravi, sono, ma è un altro paragone non azzeccato: lì di africano c’è solo l’aspetto, al netto degli occhialoni.
Insomma, è inutile: i BLK JKS sono i soli che da noi si conoscano a possedere Africa ed America e a saperle sposare in un modo inedito. E siccome è molto raro trovare musicisti che mescolano generi con autentica disinvoltura e con risultati originali per davvero, la speranza è che se ne parli, che la gente li conosca, li ascolti e chieda di loro.
Comprate ‘sto disco. Funge da antidoto contro la musica di merda e fa molto meglio della Magia Blu, tanto per dirne una.
#1 da M.I.M.O. il 26 Novembre 2009 - 14:37
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…e diventi cieco…oltreché sordo…poi…ti…incontri…con…gli…amici…e…non…fai…altro…che…dire:::non…gurdarmi!!!non…ti…sento!!!…e…pensi…che…hai…ascoltato…troppa…musica…di…merda…e…rimpiangi…i…consigli…che…ti…sei…lasciato…sfuggire.
In tema di consigli, per gli amanti dei Massive Attack e non solo, sarà molto piacevole scoprire da quali “sorgenti” i nostri amici di Bristol hanno
attinto la loro linfa musicale.
Vi invito all’ascolto di: “Protected: Massive Samples” che, (come ^^^???>>> si mette la copertina???) in sole 12 tracce, vi istruirà sulla storia dei massive. Traghettandovi da “Rufus & Chaka Khan” a “Billy Cobham”, passando per “Al Green” e “Isaac Hayes”. Sorpresi?
#2 da M.I.M.O. il 27 Novembre 2009 - 09:36
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“guardarmi”
*to…troppa…musica…di…merda…e…rimpiangi…i…consigli…che…ti…sei…lasciato…sfuggire.
sempre in tema di precisione.
Uffa, ma sbaglio sempre
#3 da PNT il 2 Dicembre 2009 - 20:07
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Dieci e lode ai Massive Attack! A proposito, chi sapeva che le musiche dei suddetti sono state utilizzate anche in teatro, per un bellissimo Amleto? Shakespeare tradotto da Montale, adattato e diretto da Armando Pugliese (mica bruscolini!), con Alessandro Preziosi, Carla Cassola, Silvio Orlando e con la musica dei Massive Attack… strepitoso! Sono in tournée già da due anni, se vi capita…